Le giovani promesse dell’American Ballet Theatre II (il numero romano indica proprio la compagnia giovanile della più grande e famosa America Ballet Theatre I) in tournée in Italia approdano a Roma, al Teatro Olimpico e vi rimarranno fino a domenica 27 marzo.
Il programma di cui si fanno esecutori è il più classico del repertorio dell’American Ballet, con le coreografie di Jerome Robbins, George Balanchine ad Antony Tudor.
La serata si apre con Interplay, una coreografia di Robbins del 1948 per otto danzatori, composta prima che egli diventasse famoso con West Side Story. Una coreografia fortemente classica nella tecnica ma altrettanto dissacrante nell’utilizzo di essa. Destrutturante della tecnica classica stessa. Sul palco i danzatori giocano e si divertono con la danza.
Danzatori under 18, briosi, grintosi, promettenti e aggiungeremmo, “sorprendenti”. Sono solo agli inizi eppure, a parte qualche piccola sbavatura, sono assolutamente padroni della scena, alcuni di loro evidentemente virtuosi.
A seguire Pavlovsk, un pas de deux tratto dalla storia vera quanto tragica di un generale russo assassinato nel 1799 e della sua moglie fedele, che nel primo anniversario della sua morte si reca ai pied della statua eretta in suo onore a Palazzo Pavlovsk. La statua prende vita dando respiro ad un pas de deux d’amore struggente poiché la statua torna ad essere un blocco di marmo prima che la moglie possa dirgli addio.
Non poteva mancare il famosissimo Stars and Stripes, creato nel 1958 da George Balanchine, in realtà si tratta del pas de deux, estrapolato dal balletto intero, in cinque atti, rievoca la parata militare del 4 Luglio, e il quarto movimento, che è appunto il pas de deux che l’ABT II ha rappresentato, è danzato su The Liberty Bell e la marcia El Capitan, musiche molto popolari tra gli americani, composte da Jhon Philip Sousa e orchestrate da Hershey Kay. Il pas de deux è una prova tecnica durissima per i danzatori che devono essere in questo caso dei veri e propri virtuosi e i giovani dell’ABT sono stati perfettamente in grado di sostenere tale prova.
Bellissimo il finale, A Taste of Sweet Velvet, coreografato da Jodie Gates, su musiche di Ludwig van Beethoven (il meraviglioso e incalzante "Secondo Movimento" tratto dalla Nona Sinfonia e rimaneggiato da Jack Eddy). Taste of Sweet Velvet è una sorta di spaccato newyorkese, una strada fumosa e tanti ballerini “passanti” in una coreografia di gran carattere e grinta creata dalla Gates per l’ABT II nel 2009.
Una rivelazione per il pubblico Italiano non avvezzo in casa propria a tanta precisione e bravura soprattutto in età “teen”, tantomeno a vere e proprio compagnie costituite da talenti in erba. E poiché il livello generale è alto a sufficienza per pensare che molti di loro diventeranno delle star dell’ABT e non solo, si chiude benevolmente un occhio anche di fronte alle piccole imperfezioni a cui comprensibilmente l’esperienza ancora non esattamente matura li porta.
L’ABT II di Wes Chapman al Teatro Olimpico è una finestra aperta sul mondo dell’arte. Una ventata fresca primaverile su ciò che potrebbe essere anche in Italia e su ciò che invece NON E’! Inserita il 25 - 03 - 11 |
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